R.E.M.: la storia di Out of Time, album pubblicato il 12 marzo 1991 e contenente il brano Losing My Religion.
La carriera dei R.E.M. può essere divisa in due momenti essenziali: prima di Losing My Religion e post Losing My Religion. Prima di questa traccia, nel panorama musicale fungevano un po’ come una specie di Smiths americani – letterati, mutevoli e ammirati dai fedeli indie. Dopo la fatidica canzone, però, sono stati i portabandiera della cosiddetta scena alternativa, una parte fondamentale della musica statunitense: un gruppo che ha influenzato tutti, dai Nirvana ai Kings of Leon. E, il 12 marzo, l’album Out of Time compie 30 anni.
R.E.M.: la storia di Out of Time
Out of Time non è solo uno dei migliori dischi dei REM (anche se nella loro lunga carriera ne hanno creati altri molto validi), ma è – forse – il più importante della band; raggiunse la prima posizione nelle classifiche e permise ai membri del gruppo di ottenere l’adulazione globale.
In questo disco, la creatività irrequieta della band è venuta alla ribalta: il quartetto spesso si scambiava e cambiava strumenti per rinnovarsi di continuo. Fondamentalmente, uno di questi cambi di strumento ha visto il chitarrista Peter Buck iniziare a “corteggiare” il mandolino che, probabilmente, ha cambiato la carriera della band indefinitamente; quasi per caso, è nato il primo singolo di Out of Time, Losing My Religion.
Il video di Losing My Religion:
Il successo della canzone colse i REM leggermente alla sprovvista, ma non ha intaccato l’influenza credibile di Out of Time; quando è stato pubblicato, ha ottenuto consensi estatici, vendite da capogiro e una serie di Grammy Awards.
Oltre Losing My Religion: le altre canzoni dell’album
La bellezza di Out of Time è nella sua giocosità: basta ascoltare Radio Song, probabilmente una delle più belle della loro discografia. Distilla al suo interno i punti di forza della band – a cominciare dall’arpeggio della chitarra di Buck, fino ai i sospiri di Mike Stipe. La canzone poi irrompe ulteriormente, spinta da una linea di basso propulsiva e funky, archi e, ancora più sorprendentemente, un rap in stile KRS-One.
Il video di Radio Song:
C’è, poi, Shiny Happy People, un altro grande successo della band, ma erano fin troppo diffidenti nei confronti del suo fascino dolce. Passiamo, poi, a Near Wild Heaven, caratterizzata da un malinconico pianoforte e la voce unica di Mike Mills. Si arriva al brano folky thrash Texarkana.
C’è una bellezza rustica in Half a World Away, per poi arrivare alla tensione che si percepisce in Low. Endgame è quasi interamente strumentale, mentre la straordinario Country Feedback, è emozionante e fa venire la pelle d’oca all’ascolto.