Foo Fighters, Medicine at Midnight: la recensione del decimo album
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Medicine at Midnight: i Foo Fighters cambiano, ma senza tradire se stessi

Foo Fighters, Medicine at Midnight: la recensione del decimo album in studio della rock band guidata da Dave Grohl.

Avrebbero voluto festeggiare 25 anni di carriera nel 2020 con tanta musica dal vivo. Ma, si sa, i piani sono fatti per essere cambiati. E così i Foo Fighters hanno dovuto rinviare di un anno un album nato in fin dei conti nel giro di pochi giorni, circa una settimana. Medicine at Midnight è la loro decima fatica in studio, ed è un disco che trasuda la loro essenza: c’è il roccioso post grunge che li ha sempre caratterizzati, ma con quella voglia innata di cambiare. E stavolta Grohl e compagni strizzano l’occhio alla dance e al funk… ma senza esagerare!

Foo Fighters, Medicine at Midnight: la recensione

Si era parlato di questo disco come il Let’s Dance dei Foo’s, facendo riferimento ovviamente allo storico album di Bowie. Ecco, chiariamo subito che il paragone è piuttosto azzardato. E questo non perché l’uno sia migliore dell’altro (questione di gusti, come sempre), ma perché le ardite intrusioni della band americana nei groove dance e funk non sono poi così ardite.

Foo Fighters
FONTE FOTO: https://www.facebook.com/foofighters

Grohl aveva parlato di un album pieno di inni e grandissimi brani rock da cantare, e fin qui ci siamo. Si era però spinto a dire: “Sembra quasi un album dance, non tuttavia un album EDM disco o dance moderno“. E quel ‘sembra’ è stato forse sottovalutato. Ritroviamo infatti qua e là elementi riconducibili a una disco music di fine anni Settanta, ma l’essenza resta quella dura e pura che ha caratterizzato la band fin dagli esordi.

Elementi di novità sono rintracciabili fin dalla prima traccia, Making a Fire, che vede la presenza di un coro di voci femminili di cui fa parte anche Violet, la 14enne figlia di Dave Grohl. Un pezzo pop rock dalla spiccata tendenza gospel. Differente ma altrettanto sperimentale è Shame Shame, il primo singolo lanciato dal gruppo, un brano basato su un groove di batteria e linee melodiche molto vicine al funk, seppur immerse in una malinconia che non mette certo voglia di ballare. Bastano questi due pezzi a far capire su che strada si siano posti Grohl e compagni: i Foo Fighters cambiano per non cambiare, inglobano nuovi stili, cercano nuove sonorità, guardano al di fuori, ma non tradiscono se stessi.

Tra brani dance rock molto movimentati, come Cloudspotter e Medicine at Midnight, scariche di adrenalina, come in No Son of Mine, e ballate il classico stampo Foo’s (ad esempio la quasi beatlesiana Chasing Birds), il disco scorre piacevolmente, regalandoci anche una perla Waiting On a War, power ballad in perfetto stile grohliano, con chitarra acustica in primo piano e un’esplosione di rabbia sul finale.

Potrà far storcere il naso a qualche fan di vecchia data, ma Medicine at Midnight non è un azzardo o un salto nel vuoto, bensì una studiatissima evoluzione in un percorso musicale che rifiuta di riproporsi di volta in volta come una brutta copia di se stesso. Ed è giusto sia così.

Medicine at Midnight: la tracklist

1 – Making a Fire
2 – Shame Shame
3 – Cloudspotter
4 – Waiting On a War
5 – Medicine at Midnight
6 – No Son of Mine
7 – Holding Poison
8 – Chasing Birds
9 – Love Dies Young

Top: Waiting On a War

Voto: 8.5

Di seguito il video ufficiale di Waiting On a War:

FONTE FOTO: https://www.facebook.com/foofighters

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