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ESCLUSIVA NM – Chiara Ragnini si racconta: dalla prima chitarra a… La Differenza

Chiara Ragnini

A tu per tu con Chiara Ragnini, tornata alla ribalta con il nuovo album La Differenza

Dopo aver ascoltato e gustato il nuovo disco di Chiara Ragnini (La Differenza), è giunto il momento di conoscere da vicino l’artista!

Una delle prime cose che colpisce ascoltando le tue canzoni è la profondità dei testi, caratterizzati generalmente da testi mai banali. Dimmi, da dove nasce Chiara, qual è stato il percorso che ti ha portata davanti a un microfono?

Sono sempre stata attirata dalla musica, fin da piccola. Ho cominciato riproducendo ad orecchio le canzoni dei cartoni animati e di Lucio Dalla, grazie ad una piccola tastiera regalatami da mia nonna, all’epoca. Avevo circa otto anni. Intorno ai 14 anni ho scoperto la chitarra, che é diventata la mia compagna di viaggio: ho iniziato studiando chitarra classica, per passare quasi subito all’acustica e all’elettrica; successivamente, ho cominciato a studiare canto all’età di 16 anni e da allora non ho più smesso. Il bisogno di esprimermi anche attraverso la scrittura di canzoni é arrivato di pari passo: i primi brani sono nati in inglese, per poi passare all’italiano, in maniera definitiva alcuni anni dopo, per poter comunicare al meglio le mie storie. Il palco é sempre stato la mia casa, ad essere sincera: mi ci sono sempre trovata a mio agio e ho sempre ambito a farlo divenire la mia casa. E così é stato.

Anche da un punto di vista del sound sono presenti diversi esperimenti originali. Come è nata la tua passione per la musica e quali sono gli artisti sui quali ti sei formata?

Sono cresciuta con i grandi cantautori e artisti internazionali, complici gli ascolti dei miei genitori, che spaziavano da De Gregori ai Beatles, da Lucio Dalla ai Queen. Con l’adolescenza mi sono avvicinata a diversi generi musicali, dall’hip hop al metal, dal punk fino all’elettronica. In generale, ho sempre ricercato la melodia, indipendentemente dal genere musicale. Qualche anno piú tardi ho scoperto Vinicio Capossela, Cesaria Evora, Joan Baez e mi si é aperto davanti un mondo di suoni e sperimentazioni, intesi come la voglia ed il bisogno di cercare nuovi stimoli per la propria creatività. Oggi posso dire di aver trovato la mia dimensione ideale: attingendo al mio background musicale ho voluto giocare con il groove, con le atmosfere pop di tanta buona elettronica che si é fatta ascoltare negli ultimi anni e con particolare attenzione al ritmo, che non deve mai mancare. Oggi i miei artisti di riferimento sono tutti quelli che hanno qualcosa da raccontare in una veste fruibile e versatile, come Selah Sue, Janelle Monae, Ellie Goulding e, in generale, progetti di matrice anglofona dove l’abito sonoro ben si sposa con i contenuti.

È stato difficile lasciare la via della musica acustica (cara alla tradizione della tua terra) per andare alla ricerca di sonorità così particolari? E Come è nata questa decisione?

No, si é trattato una naturale evoluzione: l’acustico cominciava a starmi stretto e avevo bisogno di trovare un suono che fosse solo mio, incisivo e diretto. Gli arrangiamenti di questo disco rispecchiano al meglio la Chiara di oggi: una donna di 34 anni che ha acquisito, finalmente, la consapevolezza del proprio percorso e degli strumenti con i quali esprimerlo al meglio. Non mancheranno, in futuro, i live acustici, a cui continuo a volere bene: l’obbiettivo, però, in questo momento, é dimostrare che si può fare un buon pop d’autore, come mi piace definirlo, unendo la fruibilità di un vestito che solo un certo tipo di arrangiamento può donare a testi e contenuti ricercati, ovvero non fini a se stessi e ricchi di significato.

Quale canzone dedicheresti a Chiara Ragnini?

Ne dedicherei due: la prima é La costruzione di un amore di Fossati, perché esprime molto bene cosa significhi vivere un rapporto di coppia, dove l’andare incontro all’altra persone é un atto di estremo coraggio e rispetto, anche quando questo significa sacrificare una parte di sé. La seconda é proprio La Differenza, la canzone che dà il nome al disco: la frase “non aspetto di fare la guerra per gettare le armi per terra” é emblematica e racchiude in sé l’anima di queste dieci canzoni. Ho imparato che non é necessario combattere sempre, a tutti i costi: a volte si deve fare un passo indietro, che non significa svalutarsi, ma affrontare con maturità una relazione, che sia di amore o di amicizia.

Impossibile non notare il tuo grande amore per Genova. Che rapporto hai con la tua città, cosa rappresenta per te?

É un rapporto ambivalente, di amore-odio: Genova é la città che mi ha vista nascere e crescere anagraficamente ma la vera crescita professionale ed artistica é avvenuta dopo il mio trasferimento a Imperia, nel 2009. Sembra un paradosso, ma in una provincia piú circoscritta come quella ponentina ligure ho trovato molto piú coraggio e voglia di fare, in ambito artistico, rispetto alla mia città natale. Questo é un peccato, perché Genova ha immense potenzialità ma nessuno, sino ad ora, é stato in grado di valorizzarla realmente, soprattutto per la musica. Genova conserverà sempre le mie radici ma la mia casa é laddove ci si possa esprimere, artisticamente e musicalmente, al meglio.

Nel futuro un nuovo album o il meritato riposo?

Nel futuro non vedo meritato riposo, almeno fino alla vecchiaia, e anche allora non credo che riuscirò a starmene con le mani in mano: fa parte del mio carattere, sono stakanovista di natura! Sto già pensando ad un nuovo album, per il quale non lascerò passare altri cinque anni: ho già tante canzoni da parte e altrettante ne stanno nascendo in questi mesi. Continuerò a raccontarmi e a raccontare storie, sempre con grande impegno e determinazione.

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ultimo aggiornamento: 26 Aprile 2017 13:49

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