Paolo Conte in concerto alla Scala: il racconto della serata del cantautore piemontese nel teatro d’opera più famoso d’Italia.
A 86 anni si può essere ancora in grado di fare miracoli, anche nel mondo della musica. Ad esempio puoi riuscire a trasformare il più famoso teatro d’opera italiano in un grande club di musica jazz raffinatissima. Lo ha dimostrato Paolo Conte, protagonista di un concerto che è destinato a entrare nella storia della cultura italiana: il primo concerto di musica leggera alla Scala di Milano. Una serata magica anticipata da qualche polemica ma destinata a non essere mai dimenticata da chi l’ha potuta vivere.
Com’è andato il concerto di Paolo Conte alla Scala
Davanti a un pubblico d’eccezione, formato anche da tanti artisti, tra cui Madame, Motta, Biagio Antonacci, Vinicio Capossela, Jack Savoretti e Lucio Corsi, Conte ha dato vita a un concerto straordinario, aperto da Aguaplano, chiuso da Via con me, con tutti i suoi più grandi successi e qualche perla inserita in scaletta qua e là per rendere il concerto, che verrà presto trasformato in un film, qualcosa davvero imperdibile.
Un concerto vero, ma diverso, che ha saputo mescolare la sacralità della location con quelle che sono le consuetudini del pop, come l’uso di cellulari per immortalare la serata o qualche urlo d’incoraggiamento da parte della platea, di certo composta anche da persone che non frequentano la Scala abitualmente.
Conte scaccia via le polemiche
Via, via… Conte scaccia via ogni tipo di polemica, quelle che avevano in qualche modo provato a sporcare la grandezza e la liceità di un evento dalla portata straordinaria, davvero storica. Se infatti qualcuno, come Vittorio Sgarbi, aveva applaudito a questo evento, non erano mancate posizioni critiche da parte anche di personaggi importanti della cultura, come la giornalista Milena Gabanelli e lo scrittore Pierluigi Panza.
Ma un personaggio della statura di Conte non si è minimamente scomposto e ha saputo regalare uno spettacolo in grado di soddisfare (quasi) tutti. E d’altronde a tranquillizzare i più “bigotti” era già stata la direzione del teatro, che aveva sottolineato come questo concerto non sarebbe diventato null’altro se non una “nicchia d’apertura” a generi estranei alla classica. Ma la speranza è che la “nicchia” possa in qualche modo allargarsi, perché ci sono artisti che hanno tutto il potenziale per poter suonare anche in luoghi del genere senza minimamente intaccarne la sacralità.