Bruce Springsteen, Western Stars: ecco la presentazione del nuovo attesissimo album del Boss, traccia per traccia.
Pronti a partire con Bruce Springsteen? Il nuovo album, Western Stars, è un viaggio, non lungo ma intenso, in un’America che sa di ieri ma è invece estremamente contemporanea.
A cinque anni di distanza da High Hopes, il suo ultimo album di inediti, Bruce torna in pista con un nuovo disco, il diciannovesimo della sua incredibile carriera. In compagnia di personaggi di vario genere, il Boss ci presenta lo spaccato di un’America che lotta con grande dignità contro una vita ricca di avversità e ostacoli.
Bruce Springsteen, Western Stars: i temi del disco
Onnipresenti nella poetica springsteeniana i richiami all’America, il paese delle speranze e delle contraddizioni. Anche in questo album troviamo strade immense, opprimente solitudine e improvviso sollievo rappresentato dalla casa e dalle comunità.
I sentimenti dell’autore vengono lasciati raccontare in ogni traccia da un personaggio diverso. Si passa da un autostoppista a un lavoratore che aspetta con grande emozione la propria donna alla stazione. Ma c’è spazio anche per soggetti collettivi, come gli avventori di un bar, i clienti di un motel e un gruppo di cacciatori di cavalli selvaggi.
E poi c’è il dolore di un attore fallito, che ricorda i bei tempi in cui John Wayne lo colpiva con i suoi proiettili micidiali. E c’è lo stuntman, che si reca a casa con grande serenità, anche se il suo corpo cade a pezzi. Ma il quadro di quest’America dell’Ovest, che lotta a testa alta, non può non essere completato dal cantante country che cerca un rifugio dal dolore per essere stato lasciato dalla propria amata.
Bruce Springsteen, Western Stars: le canzoni
Si parte con Hitch Hikin’. L’inizio è forte: c’è l’immancabile chitarra, c’è la voce potente del Boss ma c’è anche fin da subito la presenza rilevante della sezione d’archi, che dona drammaticità a questa prima tappa del viaggio. Si prosegue con Wayfarer e con Tucson Train, il terzo singolo scelto dal cantautore:
Intimismo e improvvise accelerazioni sono la costante di questa prima parte del viaggio. Un’altalena di sensazioni che prosegue con la title track, Western Stars.
Un tocco d’allegria viene regalato da Sleepy Joe’s Cafè, che funge da introduzione a Drive Fast (The Stuntman), uno dei brani con la maggiore intensità drammatica dell’intera tracklist. Con forza ed eleganza, Bruce racconta la vita di quest’uomo che per mestiere deve andare al massimo della velocità… solo per lasciarsi cadere.
Si passa quindi a Chasin’ Wild Horses, un chiaro omaggio ai cavalli tanto amati dal Boss e dalla sua famiglia. Con Sundown ci si rifà più sfacciatamente al pop californiano di fine anni Sessanta, mentre Somewhere North of Nashville ci porta a uno stile più tipicamente spreengstiniano.
La decima tappa del viaggio s’intitola Stones ed è una ballata malinconica e struggente, che spezza il cuore al primo ascolto. Per riprendersi ci vuole un miracolo. Ed eccolo qui. Il secondo singolo, There Goes My Miracle, ci fa infatti riprendere la rotta, accompagnandoci verso il gran finale con il suo rasserenante ritornello aperto:
Le ultime due tappe del viaggio sono molto differenti tra loro. Hello Sunshine, il primissimo singolo scelto dal Boss, è un brano che ci trasporta in un’atmosfera di grande silenzio ed elegante solitudine. Moonlight Motel è invece un pezzo à la Springsteen, manierista se vogliamo, ma verace e sincero.
La giusta chiusura per un album a tratti sovraccarico, ma come sempre capace di farci scoprire un mondo così diverso e così uguale al nostro. Perché l’America del Boss è null’altro che la metafora dell’intera umanità.