Dopo le critiche ricevute da alcuni esponenti del mondo dello spettacolo, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha provato a spiegare la scelta di fermare teatri e concerti.
Continua a far discutere il Dpcm del 26 ottobre firmato da Giuseppe Conte, che di fatto portato l’Italia a una sorta di lockdown parziale. Sono tante le attività fermate dal governo. Tra queste quelle delle sale da concerto, dei cinema e dei teatri. In pratica, il settore dello spettacolo è stato messo in ginocchio ancora una volta da questa decisione. Sono tantissimi gli artisti del nostro pop che hanno protestato contro questa misura, da Fedez a Tiziano Ferro, ma anche dal mondo della musica classica piovono critiche.
Tra le voci più autorevoli contro lo stop del governo è arrivata a caldo quella del maestro Riccardo Muti, affidata al Corriere della sera: “Chiudere le sale da concerto e i teatri è decisione grave. L’impoverimento della mente e dello spirito è pericoloso e nuoce anche alla salute del corpo. Definire, come ho ascoltato da alcuni rappresentanti del governo, come ‘superflua’ l’attività teatrale e musicale è espressione di ignoranza, incultura e mancanza di sensibilità“. Un affondo che ha portato lo stesso premier Giuseppe Conte a rispondere sulle colonne del quotidiano nazionale.
Stop a concerti e teatri: la spiegazione di Giuseppe Conte
La decisione di chiudere sale da concerto e teatri è oggettivamente “grave“. Lo ha ammesso al Corriere della Sera il presidente del Consiglio, che ha sottolineato come i concerti e le rappresentazioni teatrali costituiscano alimento per lo spirito. E proprio perché grave questa decisione è stata particolarmente sofferta. Ma inevitabile.
Queste le sue parole: “Siamo stati costretti a prenderla perché l’obiettivo primario deve essere adesso recuperare il controllo della curva epidemiologica ed evitare che la sua continua ascesa possa compromettere l’efficienza del nostro sistema sanitario e, con esso, la tenuta dell’intero sistema sociale ed economico“.
L’accusa a Conte: in Europa lo spettacolo va avanti
Ma la posizione del governo non convince i rappresentanti del mondo dello spettacolo, qualunque sia la spiegazione fornita. E così Carlo Fontana, presidente dell’AGIS, ha mostrato una contraddizione tra l’azione governativa italiana e quella del resto dell’Europa: “In Francia, con un ben maggior numero di contagi, tutte le sale restano aperte fino alle 21. In Gran Bretagna fino alle 22. In Germania non c’è limite di orario. Con i debiti controlli e distanziamenti, il mondo dello spettacolo va avanti in mezza Europa. Tranne che da noi“.