Perché ci emozioniamo quando ascoltiamo la musica? Come fanno le note musicali a trasmettere emozioni? Ce lo spiega la scienza.
Ti sei mai chiesto perché a volte, ascoltando una canzone, o anche solo della musica di sottofondo, ti viene da ridere o piangere, ti tranquillizzi o vai su tutte le furie? Ti sei mai chiesto perché a volte le scene di un film, viste con o senza la musica, ti colpiscono in maniera differente? Da cosa deriva la potenza evocativa della musica? La scienza ha provato a dare una risposta a queste domande. Ecco come fanno le note musicali a trasmettere emozioni.
Come fanno le note musicali a trasmettere emozioni?
Va ricordato, per prima cosa, che la musica è un linguaggio, e come tale ha delle regole che, se ben maneggiate, possono portare alla creazione di emozioni in maniera quasi meccanica. Ovviamente, tutti i grandi compositori della storia della musica, di ogni musica, hanno saputo ben utilizzare gli strumenti di questo linguaggio.
Senza scandagliare troppo nel dettaglio il funzionamento delle armonie, dei toni, delle cadenze e via dicendo, basti riflettere sul fatto che una musica allegra e vivace è suonata in tonalità maggiore, una malinconica e triste in tonalità minore.
Vero è che all’interno delle canzoni vi possono essere dei passaggi da maggiore a minore e viceversa per creare emozioni anche contrastanti nel corso di un ascolto. Ne è un esempio uno dei brani simbolo di Lucio Battisti, Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi, minore nelle strofe, maggiore nel ritornello.
Ma non solo la tonalità, anche un accordo può essere utilizzato per creare delle atmosfere particolari e molto incisive sull’animo umano. È il caso dell’accordo di settima maggiore, utilizzato tra gli altri spesso dai Pink Floyd per ritornelli di canzoni come Time.
C’è poi l’emozione collegata al tempo, al ritmo. Brani con i battiti al minuti sotto i 60 tranquillizzano, sotto i 30-40 possono rattristare, sopra gli 80 riattivano, in discoteca ci si scatena con pezzi generalmente sopra i 110. Il tutto si ricollega al battito cardiaco di un uomo normale, che si aggira in stato di veglia a riposo tra i 60 e gli 80.
Insomma, il discorso può essere superficialmente semplice o diventare più complesso se si scende in profondità. Ciò che conta è che tutti questi meccanismi si collegano comunque all’amigdala e al sistema limbico, che reagiscono in una certa maniera agli stimoli uditivi.
Quale che sia la motivazione, resta il fatto che nessuna arte più della musica è in grado di modificare in pochi secondi il nostro umore. Forse per questo ci appassiona così tanto.
Di seguito il video di In mezzo a questo inverno di Tiziano Ferro: