Sanremo 2021, il pagellone finale: exploit Maneskin, Peyote eroico

Sanremo 2021, il pagellone finale: exploit Maneskin, Peyote eroico

Sanremo 2021, pagelle finale: i promossi e i bocciati tra i cantanti che hanno preso parte al 71esimo Festival della Canzone italiana.

Il Festival di Sanremo 2021, forse il più difficile e straniante di sempre, a causa della pandemia da Covid, si è chiuso. Finalmente, per alcuni, purtroppo, per i più fedeli alla kermesse. Per Amadeus e Fiorello è stato l’ultimo, almeno per ora e salvo sorprese. Per alcuni cantanti anche, ma qualcuno altro siamo certo che lo rivedremo sull’Ariston anche in futuro. Ecco i cantanti promossi e bocciati in questo pagellone generale di tutto il Festival di Sanremo 2021, finale compresa.

Sanremo 2021: le pagelle finali

Ghemon: 7

Il rappresentante del nu soul tra i Big ha vissuto un Festival in sordina in termini di classifica, ma ha fatto esattamente ciò che doveva e voleva. Appagato e appagante.

Gaia: 6

Avrebbe potuto portare un pezzo meno leggerino per la sua prima al Festival, ma guadagna la sufficienza per l’elegantissimo duetto con Lous nella serata del giovedì. Esterofila.

Gaia Gozzi

Irama: 6

Al concorrente più sfortunato dell’edizione 2021 diamo una sufficienza per due motivi: il primo è che il brano ascolto dopo ascolto risulta più gradevole; il secondo è per l’omaggio sentito e rispettoso a Guccini nella terza serata. Calimero.

Gio Evan: 4

La sua partecipazione resta un mistero. Il brano è debole, anche nel testo, che dovrebbe essere il suo punto di forza. Malino pure nella serata delle cover, sovrastato dai finalisti di The Voice Senior. Insomma, non una presenza memorabile. Poeta incompreso (da me).

Ermal Meta: 8

Una bella ballata, coinvolgente e interpretata con classe. E non dimentichiamo l’ammirabile Caruso del giovedì. Insomma, Ermal è stato uno dei mattatori di questo Festival. Vince il premio per la miglior composizione musicale. Imponente.

Ermal Meta

Fulminacci: 7

Santa Marinella è un bel pezzo, ma un po’ ingenuotto. Le sue performance sono acerbe, ma il talento c’è e il richiamo a un cantautorato che sembrava sparito ci regala speranze. Il 7 lo ha guadagnato con la bella Penso positivo del giovedì, interpretazione personale e dignitosa. Promessa da mantenere.

Francesco Renga: 5

Abbastanza anonimo questo Festival per un veterano come Renga. Il brano è interessante, ma non sembra fatto per lui. Malino pure il giovedì. Possiamo definirlo in fase discendente della sua parabola? Forse sì, purtroppo. Fuori fuoco.

Francesco Renga

Extraliscio feat. Davide Toffolo: 8

Forse la sorpresa più gradita di questo Festival. Energia punk, animo gitano e baleresco, con in più la presenza alternative-indie di Toffolo. Non potevamo chiedere di più. Assurdamente amabili.

Colapesce e Dimartino: 7

La rivincita di un certo cantautorato italiano una volta chiamato indie, troppo a lungo lasciato ai margini da un pop stantio e ricco di clichè. Si divertono e divertono, con un pezzo leggero ma non troppo, e riportano, almeno a distanza Battiato sul palco. Effervescenti.

Malika Ayane: 7

Il suo uptempo con ritornello aperto s’adatta perfettamente al suo mood. Malika è una certezza per Sanremo, una cantante meritevole, capace ed espressiva. Diligente.

Malika Ayane

Francesca Michielin e Fedez: 5

E niente, arrivano da favoriti, forse in ricordo di Magnifico, ma Chiamami per nome non è un brano all’altezza. O forse è Fedez che paga troppo lo scotto dell’esordio. In omaggio al passato di Federico: ‘Per me è no’. Rimandati.

Willie Peyote: 9

Fastidioso, bersagliato, sbeffeggiato. Willie è salito sul palco per spiattellare in faccia alcune verità scomode, dal palco più conformista e ipocrita d’Italia. Ed è stato capito da molte più persone di quante si sarebbe potuto pensare alla vigilia. Si porta a casa il premio della Critica, avrebbe meritato anche quello per il miglior testo. Loco, per davvero.

Orietta Berti: 7

E cosa voler dire di Orietta? Ha fatto esattamente quello che doveva, rappresentare la quota più classica del Festival, ma con quel portamento empatico che l’ha sempre contraddistinta e con una voce splendida, resa ancora più ammirabile nella sera dei duetti. Anche lei sarà ricordata come un plus di questa edizione. Indiscutibile.

Orietta Berti

Arisa: 7

Ha cantato bene per tutte le sere (o quasi), con la sua consueta voce potente e piena di vibrazioni. Il pezzo scritto da D’Alessio non è la migliore delle ballate che le siano mai state affidate, ma le permette di scatenare il suo lato più tragico. La ricorderemo anche per l’elegante interpretazione di Quando. Incisiva.

Bugo: 6

Non ci potevamo aspettare nulla di più, forse qualcosa di meno. Non chiediamogli di prendere una nota, non sarebbe lui. King of Disagio.

Maneskin: 8

Per un gruppo rock (che piaccia o meno), Sanremo è sempre un rischio. Un palco che può spingere a snaturarsi. Damiano e compagni hanno invece portato sul palco se stessi, senza troppe regole e restrizioni, con tanta energia e voglia di fare. Addomesticati, ma solo quel che basta per restare nel roster di una major. Che possano aiutare ad avviare una piccola restaurazione musicale? Senza mezze misure.

Maneskin

Madame: 7

Spero davvero che non la rivedremo più su questo palco. Almeno da concorrente. Vorrebbe dire che il suo talento è sbocciato del tutto. Per ora ce la godiamo così, acerba e incredibilmente verosimile in tutto ciò che propone. E intanto si porta a casa il premio per il miglior testo. Adamantina.

La Rappresentante di Lista: 8

Una delle proposte migliori di questo Festival, una canzone che è un caleidoscopio di colori e generi pop, di mondi differenti che hanno in comune la teatralità e l’universo queer del gruppo. Eclettici.

Annalisa: 7

Ormai è un’artista vicina alla maturità, sarebbe pronta per canzoni anche di altro spessore. Dieci è però una ballata coinvolgente che cresce ad ogni ascolto. E in fin dei conti anche in questo Festival si porta a casa un bel cesto di complimenti. Certezza.

Annalisa

Coma_Cose: 5

La canzonetta più orecchiabile del lotto di quest’anno, ma anche la più ingenua sotto tutti i punti di vista. Compresa la coreografia. Puerili.

Lo Stato Sociale: 8

I ragazzi dello Stato Sociale quest’anno sono venuti con un doppio obiettivo: divertirsi e farci riflettere sulle conseguenze della pandemia sul settore dello spettacolo. E sono riusciti alla grande in entrambe le cose, commuovendoci anche nella terza serata. Socialmente utili.

Random: 4

La sua avventura sanremese è stata senza senso dall’inizio alla fine, a partire dalla scelta della canzone da portare. Una lezione che si spera possa imparare. Acerbo.

Max Gazzè: 8

Un bell’otto al trasformista che ha divertito dalla prima all’ultima serata, ma anche alla cover con Daniele Silvestri e la Magical Mistery Band di Del Mondo, un vero splendore. Showman.

Max Gazzè

Noemi: 6

Un’occasione sprecata per Veronica, tornata sul palco con una canzone che ha contratto la sua voce esplosiva. E nelle cover è stata particolarmente sfortunata. Ritenta, sarai più fortunata. Never give up.

Fasma: 5

Era atteso a un salto di qualità dopo la prova delle Nuove Proposte. Purtroppo non è riuscito a dimostrare di essere cresciuto rispetto allo scorso anno. Avrà modo di rifarsi in futuro. Balbettante.

Aiello: 6

Il cantautore calabrese è diventato un meme fin dalla prima sera. Non ha cantato bene, ma la sua è una ballad contemporanea destinata a diventare una hit, che piaccia o meno. Come direbbe lui: scomposto.

Sanremo 2021: le pagelle degli ospiti

Fiorello: 6

Voto per l’omaggio a Little Tony ma anche per le performance canore di tutto il Festival. Per quanto riguarda il componente comica, meglio soprassedere. Supponente.

Ornella Vanoni: 7

C’è un gusto nostalgico e malinconico nel rivedere questa diva, che a settembre compirà 87 anni, scendere stentando la scalinata per poi mostrarsi ancora in grado di cantare con leggiadria canzoni che sono vere perle. L’omaggio doveroso a una delle grandi voci della nostra storia. Eterna.

Francesco Gabbani: 6

Si tiene in disparte sorridendo nel vedere la sua canzone interpretata da un’artista di tale spessore. Umile.

Achille Lauro: 6

Meglio in conferenza stampa, dove ha spiegato i suoi obiettivi reali, che sul palco. Lauro ha provato a creare un progetto che poteva essere interessante sulla carta, perché prende ispirazione dai più grandi, ha idee anche brillanti, e un’attitudine rara in questa epoca. Il suo problema è la rappresentazione. Non ha doti tali da riuscire a esprimere davvero quello che vorrebbe, e così finisce per diventare una parodia di se stesso. Eccesso di autostima.

Umberto Tozzi: 7

Una sufficienza piena più per il suo repertorio di classici intramontabili che per la performance, non proprio impeccabile. Energizzante.

Michele Zarrillo, Riccardo Fogli, Paolo Vallesi: sv

Essere utilizzati come tappabuchi nell’attesa di scoprire se Fedez avrà vinto o meno il Festival di Sanremo è senza dubbio il punto più basso della loro carriera. Tristezza.

Dardust: 8

Varrebbe lo stesso discorso dei tre artisti che lo hanno preceduto, ma è stato un momento musicalmente davvero valido, uno dei migliori della kermesse. Talento vero.

Maneskin, ph. credits Francis Delacroix