I Roadhouse Crow e l’omonimo album: la musica italiana è più viva che mai
Da Frosinone con tanta voglia di stupire e innovare. Una gran bella scoperta i Roadhouse Crowe, bravi a riempire l’aria con un suona dal sapore antico ma perfettamente calato nei giorni nostri e nelle esigenze musicali odierne.
Roadhouse Crow, l’album:
Diciamolo da subito: solo quattro brani in lista e dispiace. Dispiace perché i Roadhouse prima incuriosiscono e poi piacciono. Poi è finito l’ep e in fondo non vedi l’ora che ritornino. Si apre con il cavallo di battaglia, Sugar Rain. Riconoscibile tra mille l’intro di batteria che sostiene tutto il pezzo con maestria. Le dinamiche all’interno della canzone non sono tantissime ma lasciano il segno. Mette i brividi l’arpeggio di chitarra che introduce Motels prima di lasciare il posto a una dolce chitarra elettrica che accompagna la voce con fraseggi non virtuosi ma indovinati. L’insieme, non travolgente, crea un loop infernale che ti fa diventare dipendente della canzone. Poi spirito prende posto lo spirito progressive. Cambiano i bpm, cambia il mood, più vivace, più graffiante. Nota di merito per l’assolo di chitarra, perché non diventi una rarità nella musica italiana. Si passa poi al ritmo cadenzato di London Love che ti fa immaginare la città, un po’ lenta, un po’ uggiosa ma non banale. Difficilmente incontrerebbe il successo come singolo radiofonico, ma la canzone ha un potenziale evocativo non indifferente. E un ritornello orecchiabile. Rompe con le precedenti canzoni Galapagos, testimonianza che i Roadhouse possono osare senza perdere smalto. L’atmosfera resta quella soft, le sonorità riconoscibili: aumenta la fantasia, prende spazio la passione. C’è del prog e si sente!