Eurovision 2021, il pagellone finale: super Maneskin, nessuno come loro

Eurovision 2021, il pagellone finale: super Maneskin, nessuno come loro

Eurovision 2021, le pagelle della finale: i promossi e i bocciati dell’appuntamento del 22 maggio con in gara i Maneskin per l’Italia.

Come al solito grande spettacolo all’Eurovision, anche nel 2021. La gara ha riservato qualche sorpresa, non poche polemiche, fuochi d’artificio e tanta tanta musica. Una lezione che prima o poi dovrebbe imparare anche Sanremo. Perché un programma di musica con la musica al centro è certamente più interessante di maratone interminabili con canzoni relegate a mero contorno. Detto questo, vediamo chi sono i promossi e i bocciati di questa edizoine.

Damiano David dei Maneskin

Eurovision 2021: le pagelle della finale

Cipro – Elena Tsagkrinou: 6

Nulla di originale. Canta e balla bene, ha una presenza scenica importante, ma la canzone è qualcosa di già sentito, al limite del plagio plurimo. Sufficienza solo per la responsabilità di aprire lo spettacolo.

Albania – Anxhela Peristeri: 8

L’Eurofestival serve anche per conoscere proposte diverse. Pur essendo un brano pop e apprezzabile anche da un pubblico anglosassone, il pezzo di Anxhela risente molto di influenze mediterranee e balcaniche, e colpisce al primo ascolto, grazie anche a un’interpretazione molto credibile.

Israele – Eden Adeli: 7

Il brano anche in questo caso è un pop che poco o nulla ha di originale, ma Eden sorprende per la whistle note, il ritornello che trascina e per il fatto che sembra proprio divertirsi un mondo.

Belgio – Hooverphonic: 7

Chi sembra invece non divertirsi sono gli Hooverphonic, che non hanno puntato sulla super hit ma su un pezzo ipnotico dalle atmosfere quasi maniacali. In un festival di colori e allegria, una parentesi musicale che si fa apprezzare.

Russia – Manizha: 7

Il primo messaggio politico importante di questo Eurovision è arrivato dalla tagika Manizha, presentatasi sul palco con un abito tradizionale cucito dalla madre. Grande carica per una canzone che fonde elementi tradizionali e anche accenni di rap. Un pezzo in grado di far arrivare appieno il messaggio polemico/politico a favore dell’indipendenza femminile.

Malta – Destiny: 5

Una Lizzo dalla voce più pulita e potente. Tra le favorite per la vittoria finale, ha fatto impazzire il pubblico con la sua carica, ma il pezzo non è niente di speciale, anzi. Quasi dozzinale.

Portogallo – Black Mamba: 8

Atmosfere di rara eleganza per il pop rock con venature soul del gruppo portoghese, che di lusitano in realtà come proposta ha molto poco. Ma che voce Tatanka, che voce…

Serbia – Hurricane: 5

La risposta serba alle Destiny’s Child ci propone un pezzo tutto ritmo e coerografie da grandi popstar, eseguite con qualche incertezza frutto dell’emozione. Niente male, ma non indimenticabili.

Regno Unito – James Newman: 5

L’Inghilterra è uno dei paesi culla della musica occidentale, capace di rivoluzionare la storia con alcuni artisti indimenticabili. Ecco, Newman non rientra in questa categoria di personaggi. Canzoncina sempliciotta, si poteva fare di più.

Grecia – Stefania: 5

Canta e si muove bene su una canzone ritmata e ballabile, ma a lasciare il segno è più la coreografia con quattro ballerini invisibili. Ed è tutto dire…

Svizzera – Gjon’s Tears: 7

La mobilità non è il suo forte, ma Gjon’s Tears canta e canta pure bene, con una voce ricca di sfumature. L’arrangiamento è apprezzabile. Non particolarmente originale, ma glielo perdoniamo.

Islanda – Daði & Gagnamagnið: 7

Sintetizzatori a non finire, coreografia divertentissima e tantissimi colori. Peccato non abbiano potuto esibirsi dal vivo a causa del Covid. Ma la registrazione ha reso già onore.

Spagna – Blas Cantó: 6

Madrid si gioca la carta del ‘belloccio’ con il brano super-melodico. Si poteva osare decisamente di più. Vince il premio sobrietà in un festival di personaggi e colore.

Moldavia – Natalia Gordienko: 5

Un po’ Britney Spears un po’ Marilyn Monroe, Natalia non stupisce con un pop internazionale sullo stile di quanto fatto in apertura da Cipro. L’acuto finale è impressionante, ma non basta.

Germania – Jendrik: 6

Ukulele, ritmica in levare, tip tap, mille colori per un mare di divertimento, quello portato dalla Germania, che si spoglia decisamente della proverbiale austerità. Simpatico e genuino.

Finlandia – Blind Channel: 7

I Linkin Park finnici riportano in auge un nu-metal decisamente poco radiofonico, Non saranno sorprendenti come i Lordi, ma nel marasma pop dell’Eurovision riescono a spiccare positivamente.

Bulgaria – Victoria: 7

Una proposta pop più raffinata rispetto alle concorrenti, con atmosfere oniriche e sognanti che si sposano benissimo con la scenografia presentata. Impeccabile anche la performance vocale della giovane Victoria.

Lituania – The Roop: 6

Si giocano la carta simpatia, in maniera simile all’Islanda, e stupiscono soprattutto per costumi e scenografia. Brano un po’ debole, ma il resto funziona.

Ucraina – Go_A: 7

Molto bene. I Go_A ci portano in un mondo di canapa molto legato alla tradizione, ma fuso con elementi di estrema modernità, con un sapore di techno e ritmi folli. Tutto davvero interessante, e mezzo voto in più per la scelta della lingua ucraina, per la prima volta nella storia di Kiev all’Eurofestival.

Francia – Barbara Pravi: 7

Come la Spagna, anche la Francia si attiene alla propria tradizione melodica. Non ce ne voglia però il buon Blas, Pravi è di un’altra categoria. Elegante ma molto potente.

Azerbaijan – Efendi: 6

Non è un brano di particolare originalità, ma rispetto ad altri pezzi pop presentati in questa edizione abbiamo qui qualche elemento della cultura eurasiatica che rende il tutto meno stancante.

Norvegia – Tix: 6

Un pezzo contro il bullismo per l’artista norvegese che si presenta sul palco vestito da angelo. Non è il migliore della serata, ma fa il suo.

Paesi Bassi – Jeangu Macrooy: 6

L’Olanda si gioca la carta dell’artista di origine surinamese. Timbro vocale molto interessante, canzone semplice ma efficace. Ottima la presenza scenica.

Italia – Maneskin: 10

La seconda proposta rock della serata, dopo quella finnica, è quella dei Maneskin. Carica, energia, potenza, Damiano e compagni non sfigurano rispetto ai rivali, e fanno un salto di qualità rispetto a quanto fatto vedere a Sanremo. Fuori di testa, ma per davvero, tanto da riuscire a riportare la vittoria al nostro paese dopo trent’anni. Straordinari.

Svezia – Tusse: 6

La sua è una storia interessante. Un rifugiato africano che è arrivato a rappresentare un paese scandinavo (non senza polemiche in patria) riesce sempre a portare un messaggio positivo. Il resto è ordinaria amministrazione.

San Marino – Senhit e Flo Rida: 5

Senhit canta bene, lo sappiamo, e Flo Rida è comunque un rapper di spessore. Ma Adrenalina è un pezzo che dà la sensazione di essere confusionario, e non premia del doti vocali dell’interprete.

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