Polemiche in seguito al blocco delle versioni illegali della piattaforma Spotify. La sensazione è quella che oramai la musica sia considerata gratuita in tutte le sue forme.
Nei giorni precedenti si sono verificate diverse insurrezioni social contro Spotify in seguito alla decisione di bloccare tutte le versioni craccate della piattaforma. La celebre applicazione di streaming musicale, infatti, ha optato per il pugno di ferro, portando avanti una vera e propria radicale campagna di depurazione, eliminando tutte le applicazioni illegali gratuite. E se anche voi siete stati fra quelli che se la sono presa, la verità è semplice: vi state sbagliando di grosso. Ecco perché.
Spotify: il blocco di tutte le versioni craccate
Per chi non lo sapesse, Spotify prevede una versione gratuita e una a pagamento. Inutile dire che la differenza sta nella pubblicità, nonché nella possibilità da smartphone di poter riprodurre i brani che si desiderano, a differenza della versione gratuita, che prevede solo lo shuffle.
Inutile anche sottolineare come nel corso degli anni siano state date alla luce delle versioni craccate, che permettevano di aggirare queste limitazioni, e dunque, fruire del servizio completo senza cacciare nemmeno un soldo bucato.
Così, dopo tanto libertinaggio, Spotify ha deciso per le maniere forti, inviando una mail ad alcuni suoi utenti, spiegando che avrebbe chiuso tutti gli account che disponevano della versione Premium illegale. Certo, una mossa strategica, dal momento che è piovuta dal cielo insieme all’entrata nel mercato azionario dell’oramai noto brand di streaming musicale. Furba, sì, ma soprattutto giusta.
Blocco di Spotify: le accuse degli utenti
Ovviamente, dopo poche ore il web era diventato il contenitore delle lamentele di tutti quanti i defraudati. Fra i commenti, se ne leggono d’ogni, ma la chiave di lettura, navigando fra insulti, lamentele e quant’altro, è una sola, e si può riassumere in un semplice concetto: «Non è possibile pagare 10 euro al mese per la musica».
E qui torniamo al punto principale, ovvero che se l’hai pensato anche tu, hai torto marcio. In primis perché è paradossale il fatto di volersi lamentare perché si è provato a truffare un’azienda privata e che questa abbia risposto per le rime. Ma andiamo più a fondo, lasciandoci alle spalle i moralismi facili sulla pirateria. Perché è vero: anche se non si dovrebbe dire, quasi tutti almeno una volta nella vita hanno scaricato musica (o film, o giochi, o chissà che altro) illegalmente.
#Spotify ha bloccato le versioni premium craccate.
Alcuni commenti degli user italiani su facebook la dicono lunga pic.twitter.com/gBwebGCIbX— enzoⓂ️azza (@enzomazza) 8 marzo 2018
Il punto è un altro, anzi, sono due. Il primo è che Spotify una versione gratuita già ce l’ha. Chiaro, con tutte le limitazioni del caso, ma esiste. E insomma, quel che giusto è giusto. Non vuoi la pubblicità? Paga. Non vuoi pagare? Tieniti la pubblicità. Non fa una piega, ma sopratutto, non credo faccia nemmeno troppi danni, dal momento che parliamo di un paio di spot ogni mezzora.
Il secondo, e anche più importante, è l’ideologia che sta alle spalle di tutti gli insulti e le critiche delle ultime ore. Perché siamo tutti bravi a dire che l’arte deve avere avere un valore, che i lavoratori creativi devono essere retribuiti come gli artigiani, e bla, bla bla, ma poi, quando ci scoprono a truffare la stessa arte, eccoci a piangere come dei bambini sorpresi a rubare i biscotti dal vasetto.
Spotify non paga gli artisti? Non avete capito niente
Sì, perché che lo vogliate a no, dietro a Spotify ci stanno degli artisti che fanno musica, e che la fanno ascoltare al pubblico per pochissimi compensi. Non dobbiamo certo stare qui a ricordare come la digitalizzazione della musica abbia portato una grossa crisi sia per gli artisti che per la discografia. Insomma, per dirla alla brutta, i dischi non si vendono più.
Se non ci siete ancora arrivati, però, ve lo diciamo noi: Spotify, così come I Tunes e compagnia cantante, non stanno uccidendo la musica, bensì la stanno risollevando. Vero, per ora i proventi agli artisti sono bassi, ma secondo alcune stime, pare che nel 2030 lo streaming porterà almeno il triplo dei guadagni di oggi. E se questo accadrà, sarà anche grazie a chi si è già ficcato in testa da tempo che la musica, proprio come ogni altro bene e servizio, si paga. Punto.
Un’ultima nota in merito: se non ve ne foste accorti, oltre a Spotify esistono tanti altri modi di usufruire della musica in maniera gratuita, uno su tutti, ad esempio, You Tube. Certo, la comodità è quella che è, ma torniamo al discorso di prima.
In conclusione, se ancora non avete cambiato idea, non solo siete dei ladri, ma siete anche piuttosto pigri.
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