Sanremo 2019: le pagelle della terza serata del Festival

Le pagelle della terza serata del Festival di Sanremo 2019.

Vola il tempo quando si ascolta musica. In men che non si dica il Festival di Sanremo ha superato la metà. Tre serate sono già alle spalle. Tutti gli artisti hanno cantato due volte il loro brano. I giudizi iniziano a farsi più credibili.

Ecco le pagelle della terza serata. Scopriamo insieme quali dei dodici artisti di ieri ci hanno convinti di più.

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Sanremo 2019: le pagelle della terza serata

Grandi ospiti del mondo della musica sul palco dell’Ariston anche ieri. Il primo a esibirsi è stato Antonello Venditti, splendido da solo, sublime con Claudio Baglioni. Il tempo passa per tutti, ma non per lui: voto 8.

Per Alessandra Amoroso, che si è anche commossa al termine della sua esibizione con il direttore artistico, c’è un 6 di incoraggiamento: una media tra il 5 della prima esibizione (il suo nuovo singolo è piuttosto debole), e il 7 del duetto con Baglioni.

6 per Ornella Vanoni: canta poco, mette su un bel siparietto e tutto sommato diverte. Ma l’anno scorso fu di tutt’altro spessore.

Raf e Umberto Tozzi si guadagnano un 7 strameritato. I due sembrano in ottima forma, specialmente Raf, in vera ripresa rispetto agli anni scorsi. Ma soprattutto hanno portato una carica di energia nel Teatro raramente vista nelle precedenti serate.

Infine Serena Rossi, nei panni di Mia Martini anche sul palco dell’Ariston, emoziona quanto basta per mettere i brividi nel ricordare l’artista calabrese. Voto: 7.

Mahmood: 8

Forse il voto giusto per la seconda esibizione del cantante di origine egiziana sarebbe 7. Ma quel voto in più glielo regaliamo volentieri perché è giovane, è bravo, è originale e ha un brano moderno che funziona splendidamente.

Enrico Nigiotti: 7

Buona anche la seconda per Nigiotti. Il suo brano nostalgico e un po’ reazionario è sincero, e il buon Enrico lo interpreta al meglio. Può vincere? Difficile, molto difficile. Ma ha il potenziale per conquistare le radio.

Anna Tatangelo: 5

Conferma anche lei la prima impressione. Ci aveva promesso altro, non ha mantenuto la parola. Anna è brava, questo non si discute. Ma di canzoni simili ne ha cantate tante nella sua carriera. Il momento di rischiare di più è arrivato: non può più tirarsi indietro.

Ultimo: 8

Bravo Ultimo, bravo davvero. Emoziona con la voce e con un testo semplice ma proprio per questo capace di raggiungere senza ostacoli il cuore di tutti. Perché chiunque può rivedersi in almeno uno dei dettagli dipinti dalle sue parole. Se dovesse davvero vincere, non sarà uno scandalo.

Francesco Renga: 4

Non è che si voglia essere crudeli con lui. Il suo brano ci aveva già dato la sensazione di non aggiungere nulla alla sua carriera, una sensazione confermata anche ieri. Inoltre, l’ex Timoria sembra poco in forma vocalmente in questo Festival. Se alla prima c’erano delle giustificazioni, stavolta gli alibi appaiono più deboli. Da un cantante così talentuoso ed esperto ci aspettiamo di più. Molto di più.

Irama: 6

La Mary 2.0 continua a non essere valutabile semplicemente, perché il paragone per chi ha vissuto il brano dei Gemelli DiVersi è automatico. Ma obiettivamente La ragazza col cuore di latta funziona e ha un testo scritto bene. Se poi si aggiunge che Irama è lo stesso di Nera (pezzo di rara bruttezza), allora la sufficienza è davvero il minimo.

Patty Pravo e Briga: 4

Dare un voto così basso a una voce straordinaria come la Pravo è una coltellata al cuore. Ma anche la seconda prova della coppia più stramba del mondo è apparsa davvero debole. Non c’è vera sinergia, è tutto affettato e un po’ kitsch. Aspettiamo con timore il duetto con Giovanni Caccamo.

Simone Cristicchi: 8

Ci ha emozionati un filino di meno rispetto alla prima volta, ma durante la seconda esibizione siamo riusciti ad apprezzare meglio tutta la poetica del suo testo. Cristicchi ha messo insieme non pochi cliché, ma lo ha fatto con una sapienza e un’onestà talmente raffinati da riuscire a commuovere anche i cuori più gelidi.

Boomdabash: 5

Che bella l’estate a Sanremo, che belli i ritmi reggaeton, che bella quella cresta rossa/fucsia esibita davanti al pubblico stagnante dell’Ariston… Ma l’effetto di Per un milione è lo stesso di qualunque tormentone: è destinato ad annoiare presto. Riusciremo a resistere ad altre due esibizioni?

Motta: 7

Partiva da un 5 della prima serata: si è rifatto con gli interessi. Dov’è l’Italia è un pezzo (e un testo) che merita diversi ascolti e letture. Per apprezzarlo appieno ci vorrà ancora un po’, ma è in crescita tumultuosa. Nota di merito per l’arrangiamento: l’arpeggio di chitarra ti rapisce ripetizione dopo ripetizione.

Zen Circus: 8

Ci era già piaciuta la prima volta, con tanto di sbandieratori. Oggi ci ha conquistati. L’amore è una dittatura, con il suo crescendo continuo, senza sosta, e la sua mancanza d’inciso, è una marcia irresistibile, con un testo forse sottovalutato, ma davvero intrigante. E poi, diciamolo, l’atteggiamento della band è un inno alla coerenza: sono a Sanremo come se fossero in un club di periferia. I ragazzi hanno talento e attributi veri.

Nino D’Angelo e Livio Cori: 5

Gli avevamo dato una sufficienza d’incoraggiamento, ma al secondo ascolto le sensazioni positive sono state meno di quelle positive. Il ritornello di Un po’ come la luce è intenso ed espressivo, uno dei più belli del Festival, ma per il resto del brano c’è troppo Livio Cori e poco D’Angelo. E Cori non sembra avere ancora le spalle abbastanza larghe per reggere il peso di un palcoscenico del genere.

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