Quando sono approdate sul mercato, le VPN – o Reti Private Virtuali – erano strumenti circondati da un alone di mistero. Ed erano ben difficili da configurare e utilizzare.
Con il tempo, le VPN sono diventate sempre più facili da implementare, e il loro impatto sulla performance dei computer è diminuito progressivamente, tant’è che oggi sono praticamente trasparenti. Non ci si accorge che ci sono, anche se hanno effetti importanti sulla privacy e la sicurezza dei nostri dati.
Cosa servono le reti VPN?
Per dirla in modo semplice, le reti VPN, tra le loro caratteristiche, hanno quella di anonimizzare il traffico. Quando noi ci colleghiamo alla rete delle reti, trasmettiamo da un indirizzo IP che può essere tracciato secondo la sua localizzazione geografica e altre caratteristiche. Un indirizzo server VPN diverso dal nostro nasconde queste informazioni, facendo risultare la connessione come se avvenisse attraverso un altro paese a nostra scelta.
Questo passaggio impedisce la cosiddetta geolocalizzazione. Ovvero, la limitazione dei contenuti posta in atto da certi provider internet o addirittura, da agenzie governative. Nel primo caso, soprattutto per problemi di copyright, dove magari il sito che trasmette un video musicale non avrebbe il diritto di farlo in quel particolare paese, proprio perché non detiene i diritti di immagine. Nel secondo, perché in certi paesi con regimi autoritari, come la Cina, per esempio, certi siti e servizi quali Google e Facebook sono censurati.
Nel caso degli appassionati di musica, questa caratteristica delle VPN – l’anonimato – diviene estremamente preziosa.
La VPN aggira i blocchi geografici dell’IP
Una grande quantità di melomani ascolta la musica preferita su servizi quali Spotify e Apple Music. E questi siti offrono un catalogo enorme di brani musicali, ma non a tutti. Nello specifico, solo ai paesi più interessanti da un punto di vista di traffico.
Questo significa che, se siamo in Italia, troveremo molti brani disponibili, ma se invece ci troviamo altrove, come un paese africano, Spotify sarà per noi irraggiungibile. A oggi, ci sono solo quattro paesi africani in cui Spotify è attiva. Ecco perché una VPN è utile: reindirizzando il nostro traffico, fa apparire la nostra connessione come se avvenisse in uno dei paesi supportati dalla piattaforma.
Musica finalmente senza confini
Ricordate la questione del copyright? Certi brani potrebbero essere disponibili solo in certi paesi e non in altri – e il modo più facile per assicurare che la piattaforma fornisca solo quelli di cui effettivamente possiede le licenze è quello di utilizzare l’IP del collegamento per verificare da dove questo avviene. Non è una soluzione perfetta, ovviamente, ma funziona nel 99% dei casi. E se voi appartenete all’1% restante, che magari avrebbe diritto di accedere a quei contenuti musicali, l’utilizzo di una VPN vi permette di superare agevolmente questo blocco.
In sintesi
Benché internet per sua natura non abbia confini, le stretture che utilizziamo per fornire accesso ai contenuti hanno ancora un’impostazione “antica”, basata sulla presenza di confini entro cui sono distribuiti diritti di utilizzo della proprietà intellettuale ben determinati.
E nonostante questo sistema abbia funzionato fino a oggi, giorno dopo giorno si dimostra sempre meno adeguato per gestire la transizione tecnologica in cui stiamo vivendo. La musica di domani sarà, per forza di cose, senza confini, e le VPN ci stano insegnando che questo non solo è possibile, ma auspicabile.