Nel mondo della musica, ogni rivoluzione tecnologica porta con sé nuove sfide e domande.
A raccontarcelo è Lucia Maggi, avvocata e CEO di 42 Law Firm, uno studio legale milanese che lavora al fianco di artisti, etichette e startup innovative per difendere e valorizzare la creatività nell’era digitale.
La sua è una storia particolare: laureata in giurisprudenza e con un master in finanza alla Bocconi, Lucia Maggi ha anche un diploma da attrice. «La mia vita è sempre stata abitata da performer, cantanti e musicisti – spiega – e a un certo punto ho capito che dovevo unire le mie due passioni: l’arte e il diritto». Da quel momento, il suo percorso professionale è diventato un punto di riferimento per chi opera nel mondo della musica e vuole tutelarsi in modo serio e consapevole.
L’intelligenza artificiale come punto di svolta
Oggi il settore vive un’altra trasformazione epocale: quella dell’intelligenza artificiale generativa. Secondo la CEO, «con l’AI abbiamo fatto un salto quantico. Ma il problema non è la tecnologia, è il modo in cui la usiamo. C’è chi la teme e chi la sopravvaluta: serve equilibrio, perché l’essere umano resta ancora al centro del processo creativo».
Un monito che arriva da chi conosce bene il mondo del diritto d’autore: «Quando si è cercato di bloccare l’innovazione, come ai tempi di Napster, si è finiti per svendere la musica pur di combattere la pirateria. Non possiamo ripetere lo stesso errore. L’AI non va fermata, va compresa e regolata». Per Lucia Maggi, la sfida del futuro sarà proprio questa: riconoscere un valore economico alle opere che nascono grazie all’intelligenza artificiale, senza snaturare la creatività umana.
Contratti, manager e nuove responsabilità
Le implicazioni dell’AI non si fermano alla creazione musicale. Anche i contratti stanno cambiando, spesso in modo rischioso. «Mi capita di vedere bozze scritte da modelli generativi come ChatGPT – racconta la legale – ma è un pericolo enorme, soprattutto per gli artisti emergenti. Bastano poche clausole sbagliate per compromettere un’intera carriera».
Fondamentale, in questo contesto, è il ruolo del manager, “l’anello di congiunzione” tra artista e industria. «È un rapporto di fiducia – spiega – simile a un matrimonio. Quando quella fiducia viene meno, non c’è contratto che tenga. L’unico modo per farlo funzionare è offrire un servizio impeccabile e costruire un legame autentico».

Dai social alla blockchain: il diritto che si aggiorna
Oggi la musica vive e si diffonde soprattutto sui social network, ma per l’avvocata milanese questo comporta anche nuove responsabilità: «È inquietante sapere che la nostra conoscenza è filtrata da algoritmi, ma non possiamo scaricare tutta la colpa sulle piattaforme. Il Digital Service Act è un buon passo avanti, ma serve consapevolezza da parte di tutti».
Lo sguardo di Lucia Maggi si estende anche oltre, verso tecnologie come NFT e blockchain: «Dopo la bolla del 2021, credo che questi strumenti abbiano ancora molto da dire, soprattutto per la tracciabilità dei diritti e i pagamenti automatizzati. È presto, ma le potenzialità sono enormi».
Il diritto del futuro
Il punto cruciale, però, resta la governance globale. «Non possiamo lasciare che siano le grandi aziende a scrivere le regole – avverte –. Servono convenzioni internazionali che armonizzino le leggi dei vari Paesi, e un fronte comune tra Europa, Stati Uniti e Regno Unito per bilanciare innovazione e tutela degli autori». Una visione chiara e concreta, che fotografa perfettamente il tempo in cui viviamo: quello in cui il diritto, ancora una volta, deve inseguire la tecnologia senza dimenticare l’essenza più importante della musica, ossia l’essere umano.