Fedez parte per il Libano: vivrà in un campo per rifugiati

Fedez parte per il Libano: vivrà in un campo per rifugiati

Il rapper Fedez è partito per il Libano per seguire un progetto organizzato con l’Unicef: vivrà in un campo per rifugiati.

Il viaggio più importante: così Fedez ha descritto quello che lo ha portato in Libano, dove vivrà per alcuni giorni in un campo di rifugiati, a Beirut. Si tratta di un progetto organizzato in collaborazione con l’Unicef e che vedrà Fedez lavorerà con i ragazzini del campo. “Sono in partenza per il Libano. Ho chiesto ad Unicef – ha scritto Fedez – di portarmi per 4 giorni in un campo rifugiati a Beirut per portare avanti un progetto insieme ai bambini che avevo in mente da un po’ di tempo. Quello che sto per fare è un viaggio molto importante, forse il più importante della mia vita. La prospettiva di entrare a contatto con un mondo così lontano dal mio e l’idea di potermi rendere utile con ragazzi che hanno camere con vista sulla guerra mi rende orgoglioso. Ma mentirei se negassi, a voi e a me stesso, che chi ha molto da guadagnare da questa esperienza sono soprattutto io”.

Via dalla bolla virtuale

Fedez sarà impegnato con i live di X Factor a partire da ottobre, visto che al momento Sky sta mandando in onda le puntate dedicate al meglio delle audizioni, prima che arrivi il momento di Bootcamp e Home Visit.

Un modo per il rapper di lasciare momentaneamente quella bolla virtuale, come la definisce lui stesso: “Da qualche anno a questa parte vivo in una sorta di bolla virtuale, una realtà aumentata in cui i sentimenti sono ovattati e le emozioni sembrano di plastica. Per me, che vengo dal basso e so che cosa significhi sputare il sangue per cercare di cambiare vita, perdere il contatto con la realtà è a tratti alienante e inaccettabile”.

Le luci della ribalta danno assuefazione

“So che può suonare ipocrita, ma le luci della ribalta sono una droga che dà assuefazione, uno stordimento costante e piacevole, dal quale ci si può risvegliare soltanto staccandosi fisicamente dal proprio ambiente. Non basta avere consapevolezza di quello che ci circonda. Bisogna anche prenderne coscienza. E io sono in una fase della vita in cui per compiere questo passaggio sento di dover toccare con mano. Sento di dover entrare anima e corpo in un ambiente che mi fornisca una prospettiva senza filtri né comodi punti d’osservazione sulla realtà. Al tempo stesso so di avere un compito importante e di prestigio, e spero di rendermi davvero utile portando qualcosa di buono e concreto a dei ragazzi per i quali nuove competenze tecniche possono significare una carta in più per il proprio futuro. Eppure, parto con la consapevolezza che quando tornerò da questo viaggio, sarò io quello che dovrà ringraziare”.

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