Bruce Springsteen e Barack Obama presentano il libro Renegades: le parole del Boss e dell’ex presidente degli Stati Uniti.
Barak Obama e Bruce Springsteen. Il Boss e e l’ex signor presidente. O forse puoi semplicemente chiamarli Renegades. Lanciato a febbraio, il podcast Renegades consisteva in una serie di conversazioni sincere tra l’iconico musicista Bruce Springsteen e l’ex presidente Barack Obama, registrato nell’estate del 2020 durante il culmine della pandemia. Un episodio analizza l’idea di mascolinità e paternità. Un altro vede i due approfondire le loro esperienze con la razza. In un altro, scavano a fondo nella musica, ma anche il loro primo incontro. Ed ora arriva l’omonimo libro del podcast, in cui c’è un filo conduttore che li accomuna: l’amore per il loro paese, nonostante i suoi difetti e la sua storia travagliata (e le lotte attuali).
Bruce Springsteen e Barack Obama: arriva il libro Renegades
È un tema comune nella musica di Springsteen: lo si ascolta in Born In The USA, una canzone che è – allo stesso tempo – una riflessione sull’esperienza dei veterani nonché una celebrazione del patriottismo. E va da sé che Obama si candidò alla presidenza spinto dalla speranza di creare un’America migliore. Il loro podcast, Renegades, è stato trasformato in un libro. Renegades: Born In The USA estrapola queste conversazioni e le combina con foto potenti (e personali) e alcuni artefatti intimi, come note scritte a mano. La copertina del libro:
Prima di questa pubblicazione, che arriverà in libreria il 26 ottobre, Obama e Springsteen si sono seduti nel studio nella fattoria di Springsteen – nel New Jersey – dove hanno registrato il podcast per un’intervista con Audie Cornish, co-conduttrice di All Things Considered di NPR. Tra i temi trattati nell’intervista c’era la speranza: speranza per il Paese e speranza per il cambiamento. È qualcosa per cui vale la pena lottare, ha spiegato Springsteen.
Dare voce agli esclusi
Obama fa notare, in una intervista rilasciata a Otto e mezzo, programma di La7 condotto da Lilli Gruber, che sia lui che Springsteen sono degli outsider, anche se questo non è l’aspetto fondamentale della sua vita: “La cosa più importante per me non è essere outsider, ma voler far partecipare più persone. Ti interessano le voci di chi escluso? Vuoi farle contare? Mi interessa più questo che l’etichetta“.
“Non mi definivo necessariamente un outsider. Mio padre era senza lavoro, ero preoccupato. Un uomo che non aveva mai trovato una collocazione precisa, è stato straziante far parte di quella realtà, condividere il dolore di restare inascoltati. Quando ho iniziato a scrivere l’ho fatto per le voci inascoltate, la mia è la storia di un outsider che cerca di dare voce a chi non è stato mai ascoltato: ho reso quelle storie il lavoro della mia vita ed è ancora così“, ha aggiunto il Boss che ha ribadito l’opinione del suo amico ed ex presidente degli U.S.A.