Achille Lauro si racconta e parla del il suo primo docufilm “Ragazzi Madre – L’Iliade” disponibile su Prime Video.
“Non è una storia, ma un poema epico” con queste parole viene introdotto il docufilm che racconta la vita di Achille Lauro, passato dall’essere un’icona urbana della periferia romana ad icona musicale ed imprenditore.
Achille Lauro: l’infanzia travagliata
Nella prima parte del film si racconta che Lauro da adolescente è stato allontanato dalla famiglia insieme al fratello Federico, all’epoca già maggiorenne. I due hanno trovato ospitalità in una comune nella periferia romana: “Vivevo con persone più grandi, artistoidi, delinquenti, figli di nessuno” afferma il cantante. “A 15 anni sono stato cresciuto da cinquantenni pluripregiudicati che per me erano qualcosa di simile a un padre. Oltre al contesto marcio, razzista e omofobo, tutto il peggio del peggio descolarizzato, senza cultura, era anche un ambiente pericoloso con gente e persone pericolose.
Prosegue poi: “Chiaramente ho iniziato a delinquere molto presto, ero veramente piccolo andavo a rubare al supermercato con due cestini uno lo prendevo con la mano l’altro lo facevo passare sotto la cassa e lo spingevo col piede e riempivo le buste un po’ da sopra e un po’ da sotto , tornavo con 500/600 euro di roba. Per noi era la nostra festa! All’inizio non avevo paura di perdermi perché ero un incosciente e anche stupidamente compiaciuto”
“Volevo i soldi che non avevo mai visto, le cose che non avevo mai fatto“, così si racconta il cantante. “Le prime volte, mi ricordo, a 14 anni mi sentivo ricco con 50 euro. Quando li avevo in mano fu tipo la prima sco**ta. Quello fu il concepimento. La roba che vendevamo fecondava le strade”.
La svota nella vita di Achille Lauro
La musica ha dato una svolta decisiva alla vita di Achille Lauro :“Quando sei giovane pensi di essere invincibile mentre se oggi dovessi parlare con un ragazzo di quel mondo gli direi di fare attenzione perché il burrone è lì davanti a te. Molti miei amici hanno avuto problemi seri con la legge e non solo e la cosa peggiore, oltre a trovarsi faccia a faccia con la morte, è stata rendermi conto che non volevo diventare come le persone che mi avevano cresciuto. Mi sono spaventato di non avere un posto nel mondo, di essere nulla. Questo mi ha spaventato più della violenza. Ad un certo punto ho detto: ‘Sto diventando ciò che non voglio diventare‘. Così ho iniziato a scrivere, mi faceva stare bene perché sfogavo così alcune difficoltà”.